Comunicato Stampa – 24 agosto 2020
Il Cav Pandora si associa all’indignazione della donna che a Molfetta nei pressi del Duomo della città vecchia è stata oggetto di cat calling o street harassment, altrimenti detta molestia di strada, per aver scelto di esporsi al sole in topless.
Comunicato Stampa – 28 luglio 2020
PRESIDIO DEL COORDINAMENTO DEI CENTRI ANTIVIOLENZA DELLA REGIONE PUGLIA
Rappresentanti dei centri antiviolenza della Regione Puglia oggi in presidio in Consiglio regionale unitamente alle altre donne di questa Regione per sollecitare la emanazione della Legge regionale della doppia preferenza al fine di vedere le donne presenti nella nuova legislatura regionale.
Inoltre, le referenti dei Centri antiviolenza hanno una ragione in più per esserci: saranno discusse, infatti, le modifiche contenute nella proposta di legge 1064A-X, testo unificato con la PDL n. 938, recante modifiche e integrazioni alla legge regionale 4 luglio 2014, n. 29 “NORME PER LA PREVENZIONE E IL CONTRASTO DELLA VIOLENZA DI GENERE, IL SOSTEGNO ALLE VITTIME, LA PROMOZIONE DELLA LIBERTA’ E DELL’AUTODETERMINAZIONE DELLE DONNE”.
Le nostre perplessità sono di metodo e di merito.
Infatti con questa proposta di modifica si tenta di smantellare parte della citata legge regionale che ha visto una grande partecipazione e il coinvolgimento diretto dei centri antiviolenza, e di tutta la rete antiviolenza regionale composta da soggetti pubblici e privati che a vario titolo sono impegnati per la prevenzione e il contrasto della violenza contro le donne e i minori. Peraltro l’istituzione della Task-force antiviolenza permanente regionale, quale organismo di concertazione, confronto, monitoraggio, ha consentito la partecipazione alle rappresentanti dei centri antiviolenza e delle case rifugio, del sistema degli enti locali, del sistema educativo, ecc, ai momenti di discussione e confronto che hanno portato alla predisposizione dei piani regionali antiviolenza e verso il Piano integrato 2018-2020” (DGR n. 1934/2017). La modifica priva di alcun confronto con i cav elimina la portata innovativa della legge 29/2014, il modello di governance delineato che hanno fatto della Puglia una regione da emulare da parte di altre Regioni. Questa clamorosa battuta di arresto del percorso virtuoso di confronto proposto alla vigilia della campagna elettorale lo riteniamo gravissimo. Nel merito la proposta pecca della mancata conoscenza della normativa nazionale e regionale poiché vuole legiferare su aspetti già superati (“ Linee guida nazionali per le Aziende sanitarie e le Aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza) ovvero introdurre percorsi già avviati ai cav (sensibilizzazione e comunicazione) o il cd il Patrocinio legale alle donne vittime di violenza, che rischia una anomala sovrapposizione con la disciplina del gratuito patrocinio prevista a livello nazionale, che non anche qui non tiene conto che in via sperimentale, sono già attivi provvedimenti regionali che in attuazione dell’art.75 della legge regionale 29 dicembre 2017, n.67, attraverso i centri antiviolenza, sostengono le donne per le spese legali, anche per processi di natura civilistica, non coperte da gratuito patrocinio. bene farebbero i Consiglieri regionali, di maggioranza e di opposizione, ad occuparsi invece di un stabile stanziamento dedicato ai Programmi antiviolenza, anche al fine di potenziare le suddette azioni, senza sconvolgere il modello di governance già in atto.
A fine giornata le proposte di modifica della legge sono state ritirate rinviando a settembre un più fruttuoso e condiviso percorso di attuazione e rafforzamento dei provvedimenti già in atto.
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QUELLO CHE LE DONNE (FORSE) NON SANNO
Finalmente hai trovato l’amore…quello vero! Però qualche volta lui è nervoso, è capitato che durante un litigio ha alzato la voce, ti ha insultata, ti ha dato uno schiaffo, dopo si è pentito, ha chiesto scusa, ha detto che non succederà più. Ma così non è stato…lui ti ama ma è violento.
Potresti non sapere che il suo atteggiamento nei tuoi confronti non solo non è amore ma dal nostro ordinamento giudiziario è considerato di rilievo penale tanto da essere sanzionato con la reclusione se ripetuto nel tempo oppure pur se occasionale, si verifica con gravi aggressioni contro di te.
Maltrattamenti in famiglia ( art. 572 c.p.)
Se maltratta te, moglie, convivente oppure una persona della tua famiglia che convive con te si configura il reato di maltrattamenti contro familiari e conviventi (572 cp) che prevede un aumento di pena se da essi derivano lesioni sul corpo.
Una tua denuncia alle forze dell’ordine, rivolgerti ad un centro antiviolenza, potrebbe salvare la vita a te e ai tuoi cari.
Percosse (art. 581 c.p)
Potresti dire che lui non mi provoca lesioni sul corpo però ogni tanto ti da uno schiaffo e che non fa tanto male, non lascia segni sul viso, ebbene devi sapere che anche quella è violenza e che è considerata un reato (581 c.p) perché non fa parte di una relazione sentimentale ma di un modo di tenere il partner sotto il proprio controllo mortificandolo fisicamente e moralmente.
A seguito delle percosse non riesci per il dolore a fare le cose che facevi di solito? L’ordinamento giudiziario ti tutela, mette a tua disposizione delle misure che evitino a te e alle persone care che succeda qualcosa di irreparabile, che si inneschino una catena di eventi che possano sfociare in gravi conseguenze.
Omicidio preterintenzionale (art. 584 c.p.)
Anche da una “semplice” aggressione fisica potrebbe scaturire la morte di una persona pur se l’aggressore non vuole provocarla (584 c.p.)
Per i reati di lesioni e omicidio preterintenzionale la pena è aumentata se questi avvengono in occasione della commissione del reato di maltrattamenti in famiglia o di violenza sessuale, se agiti da parte dello stalker nei confronti della persona offesa o se commessi contro il coniuge.
Atti persecutori (art. 612 c.p.)
Ti capita che un tuo ex ti perseguiti, dimostrando ancora “amore” e “gelosia” e per questo sei in ansia, temi per la tua incolumità, cerchi di cambiare le tue abitudini per evitare di incontrarlo oppure di sentirlo al telefono?
Questo è quanto accade se il tuo ex partner commette il reato di atti persecutori (“cd stalking, 612 bis c.p.), non lasciandoti libera di decidere di lasciarlo, di continuare la tua vita come facevi prima di incontrarlo, di provocarti timore perché non sai se lo troverai sotto casa ad aspettarti oppure se continuerà a molestarti inviandoti molteplici messaggi, chiedendoti di incontrarlo oppure insultandoti per la tua scelta di interrompere la relazione tra di voi.
Denuncia o querela?
In tutti questi casi, quando non ti senti rispettata come persona e come donna, la soluzione è denunciare questi comportamenti all’Autorità Giudiziaria, attivando i meccanismi giudiziari che tuteleranno te ed i tuoi cari dall’aggravarsi di situazioni di tal genere sia nel caso che ti trovi in uno stato di emergenza che in una situazione apparentemente “controllabile”.
Nel primo caso se riesci ad avvisare le forze dell’ordine mentre stai subendo una violenza e queste riescono ad intervenire sul posto mentre sta accadendo, l’autore potrebbe essere arrestato o allontanato d’urgenza dalla casa familiare.
Se si tratta di un delitto perseguibile a querela devi procedere a presentarla anche oralmente alle forze dell’ordine altrimenti queste ultime non potranno procedere.
Nel caso invece non ti trovi in una situazione di emergenza è indispensabile che tu proceda a denunciare i comportamenti del tuo partner o del tuo ex all’Autorità Giudiziaria oppure potrai rivolgerti ad un centro antiviolenza che sarà in grado di darti supporto anche legale.
Ci sono, inoltre, reati per i quali le forze dell’ordine avviano il procedimento anche solo avendone notizia e si tratta dei cosiddetti “reati procedibili d’ufficio” mentre altri per i quali è indispensabile che sia la persona che subisce la violenza ad attivarsi e per questo sarà necessario presentare la querela altrimenti alcun procedimento potrà essere avviato.
Subire violenza non è mai una manifestazione d’amore. È un atto vile che non può e non deve restare impunito.
Avv. Mariateresa Sasso – avvocata penalista del foro di Trani
Centro Civico Annamaria Bufi – Cav Pandora: un anno di attività
In qualità di soggetto gestore del Centro Antiviolenza territoriale, il Centro Antiviolenza Pandora ha inaugurato la nuova struttura e l’inizio delle attività in data 11 luglio 2019.
Dall’inaugurazione alla fine di giugno 2020, infatti, il Cav ha registrato 63 accessi, di cui 48 prese in carico e 3 inserimenti in casa protetta.
L’incipit degli accessi è quasi sempre una richiesta di informazioni che durante il colloquio diviene quasi esclusivamente una necessità di consulenza legale e psicologica.
Nel primo semestre dell’attività, l’80% degli accessi registrati sono stati di natura spontanea, il 15% sono stati invii delle forze dell’ordine (Carabinieri esclusivamente) mentre il restante 5% è stato inviato da altri servizi territoriali (Csm, Servizi Sociali, altro). Nel secondo semestre dell’attività, sono aumentati significativamente gli invii effettuati dai Servizi Territoriali e dalle Forze dell’Ordine, come effetto del lavoro sinergico e sempre più) coordinato fra il centro antiviolenza e gli altri attori della rete antiviolenza. Il 20% infatti sono stati gli invii dei Servizi Territoriali (Servizi Sociali, CSM, Consultorio diocesano), il 20% sono stati gli invii delle forze dell’ordine (Carabinieri esclusivamente), e il restante il 60% degli accessi registrati sono stati di natura spontanea.
Il 90% delle donne che si rivolgono al centro sono di Molfetta mentre il restante 10% provengono dai paesi limitrofi (Giovinazzo, Terlizzi, Bisceglie, Ruvo di Puglia).
L’età anagrafica delle donne varia dai 20 ai 76 anni.
Le richieste più consistenti riguardano la consulenza legale civilistica per conoscere gli scenari di un eventuale procedimento di separazione fra coniugi e il sostegno psicologico, al fine, soprattutto, di prendere coscienza della condizione di vittime di violenza in cui versano.
Le operatrici del Centro sono presenti in sede tutti i giorni dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 20.
La presenza costante delle operatrici all’interno del Cav ha una presenza sul territorio di cui si avvertiva fortemente il bisogno, in considerazione degli accessi registrati in questo anno di attività.
Le attività di sensibilizzazione sono cominciate l’11 luglio 2019, in cui ha avuto luogo l’evento inaugurale dell’apertura del Centro civico.
Si è attivata sin da subito una stretta collaborazione con l’Arcigay Bat e Bari che ci ha viste ospiti in diverse manifestazioni di sensibilizzazione sulla tematica dell’educazione alle differenze e della violenza contro le donne
Il centro antiviolenza Pandora, ha organizzato, altresì, nell’ambito delle iniziative di sensibilizzazione e promozione delle attività del centro, due incontri nel mese di ottobre aventi a tema informazioni sulla tematica dell’endometriosi e di presentazione di un libro “La gabbia di Anna” scritto da un’avvocata che ha seguito personalmente il percorso di affrancamento di una donna dalla sua gabbia, appunto, di vessazioni e violenze continue e reiterate. La presentazione del libro ha consentito un incontro formativo con gli studenti e le studentesse dei Licei classico e scientifico di Molfetta. Il Convegno sull’endometriosi ha visto un parterre di relatori di rilievo fra cui il professor Tajani, medico specializzato in ostetricia e ginecologia e l’Assessore Balducci. Sono intervenute altresì la dott. Pacifico, nutrizionista, la dott.ssa Grillo, psicoterapeuta e la sig.ra Mara Grillo, referente territoriale dell’associazione APE.
Nel mese di Novembre in cui ricorre la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza maschile sulle donne, il Cav ha incontrato numerose scolaresche degli istituti superiori del territorio, fortemente interessati a dialogare con le operatrici sulle attività del centro e sulle problematiche relazionali in cui le donne si ritrovano imprigionate. Il giorno 25 novembre, l’ente gestore ha organizzato all’interno del Cav un concerto di musica rock con una performance teatrale tratta dal monologo di Franca Rame “lo stupro”.
Nel mese di dicembre si è svolto presso la scuola media “Giaquinto” un percorso, svolto con le terze classi dell’istituto, per promuovere la parità fra uomini e donne attraverso la messa in discussione critica degli stereotipi che condizionano il genere femminile e quello maschile e che costituiscono l’humus da cui germinano disparità e violenze.
Il progetto, dal titolo “Pari e Impari”, ha visto le operatrici del centro impegnate per 6 appuntamenti e ha portato alla realizzazione di un cortometraggio recitato dagli studenti e dalle studentesse che destrutturava gli stereotipi di genere e di un cartellone dal titolo “Mettiamoci la faccia” .
A dicembre è iniziato un percorso dedicato a bambini e famiglie di letture animate aventi a tema l’educazione alle differenze che si è concluso a febbraio in collaborazione con l’associazione “Antiqua Mater”.
Sempre a dicembre è cominciato un percorso di gruppo rivolto a tutte le donne sul potenziamento delle abilità comunicative assertive per prevenire la violenza nelle relazioni interpersonali attraverso l’affermazione non aggressiva e costruttiva dei propri bisogni e delle proprie opinioni: “ La palestra dell’assertività”
A febbraio si è svolto un cineforum, dal titolo “Eroine di tutti i giorni”, che ha permesso la proiezione di tre film a varia trama che avevano in comune le donne e la loro capacità di resilienza o di emancipazione dalla violenza.
A fine febbraio l’emergenza sanitaria ha impattato fortemente sulla organizzazione del Centro. Il Cav è sempre rimasto aperto, anche durante la quarantena, il servizio è stato garantito utilizzando tutte le precauzioni imposte dalle linee guida governative, permanendo in struttura in numero ridotto, agevolando lo smart working, le riunioni online e i colloqui delle utenti già prese in carico tramite Skype o altre piattaforme. L’epidemia da Covid-19 ha costretto le donne vittime di violenza a condividere le mura domestiche senza soluzione di continuità con il partner maltrattante. La quarantena a cui tutti siamo stati sottoposti ha fatto registrare un calo nelle richieste di aiuto che nel mese di marzo sono state soltanto 2 e tutte concentrate nella prima decade.
In linea con i dati del 1522 e dei Centri Antiviolenza di tutto il territorio regionale, il calo degli accessi e delle richieste di aiuto è stato anche legato alla scarsa informazione riguardo la possibilità di inserire nell’autocertificazione la motivazione “motivi di necessità” per recarsi al più vicino Cav. Sono state promosse campagne di informazione capillarmente su tutto il territorio regionale e nazionale.
Grazie ad esse, agli inizi di aprile si è assistito ad una inversione di tendenza e ad un aumento esponenziale degli accessi che hanno raggiunto quota 8 nel solo mese di aprile, 4 nel mese di maggio a cui si sono aggiunti, 4 accessi telefonici, a cui si sono aggiunti 7 accessi nel mese di giugno.
Durante il lockdown sono continuate le attività di prevenzione della violenza nelle relazioni intime, servendosi di modalità online. E’ stata attivata una Google Classroom che ha registrato un discreto numero di partecipanti in cui si è potuto mantenere un contatto con le donne sia utenti del cav che semplicemente interessante alle attività del Centro in cui si è affrontato con l’apporto di diverse figure professionali le tematiche della “dipendenza affettiva” – “attaccamento” – “ autostima”.
Era in programma l’evento sportivo “Run Together: corriamo insieme per le vie della città”, una passeggiata non competitiva di 6 km per manifestare insieme contro la violenza. La data prevista era del 22 marzo. Numerosi gli sponsor e i sostenitori dell’iniziativa. Il lockdown ha vietato lo svolgersi della manifestazione che è già completa nella sua organizzazione e attende solo l’autorizzazione allo svolgimento.
Era in programma, in collaborazione con il Consorzio Metropolis, un corso di formazione per operatrici nelle relazioni di cura che avrebbe dovuto incominciare il 24 aprile con docenti formatori che provenivano da ogni parte della Regione e del territorio nazionale, rinviato a settembre a causa delle restrizioni sugli spostamenti fra comuni e fra regioni.
Appena incominciata la fase 2 dell’emergenza sanitaria il Cav ha ripreso lentamente la frequentazione del cav a pieno regime.
Il bilancio di quest’anno di attività è senza dubbio positivo: il centro sin da subito è stato considerato il punto di riferimento di numerose donne che hanno espresso unanimemente la gioia di avere finalmente nel territorio una struttura idonea ad accogliere e a decodificare i loro bisogni e necessità, ed è stato un punto di riferimento importante per le donne vittime di violenza anche nel periodo critico della quarantena.
La proroga del contratto di gestione restituisce sicuramente un riscontro positivo dell’attività svolta e consente all’associazione Pandora di proseguire il percorso avviato con determinazione e grande responsabilità.
1 anno di attività cav AnnaMaria Bufi
Evento pubblico dedicato al primo anno di attività del Centro Civico “Annamaria Bufi” gestito dal Centro Antiviolenza Pandora.
Ripercorreremo insieme un anno di attività del Cav “Annamaria Bufi” a gestione Cav Pandora cui seguirà “Fuochi e altre scintille”, performance teatrale a cura della Compagnia “Malalingua ”
Evento gratuito.
Posti limitati.
Si accede solo su invito
Vai all'articoloI numeri della violenza contro le donne della Regione Puglia – 2019
Sono stati da poco resi noti i dati dell’indagine annuale relativa alle donne che si sono rivolte ai centri antiviolenza pugliesi nel 2019, che restituisce una fotografia della problematica . L’indagine è stata promossa dal Servizio Minori, Famiglie e Pari Opportunità, in collaborazione con tutti i centri antiviolenza pugliesi e con il supporto tecnico dell’ufficio Statistico della Regione Puglia.
In Puglia risultano operativi 27 centri antiviolenza, articolati sul territorio con 113 punti di accesso.
Le donne che si sono rivolte a un centro antiviolenza complessivamente risultano essere 2059, con un aumento di circa 309 donne rispetto all’anno 2018.
Il 65% delle donne si rivolge spontaneamente a un centro antiviolenza; nella parte restante, 35% dei casi, l’invio è fatto da parte di altri servizi, in particolare i Servizi Sociali e le Forze dell’Ordine. Nell’89,8% dei casi le donne sono di nazionalità italiana.
Così come rilevato nelle annualità precedenti, la violenza sulle donne risulta trasversale alle fasce di età, ai titoli di studio e alla condizione lavorativa, con incidenze superiori in età compresa fra i 30 e 49 anni (62,3%).
Le donne più esposte alla violenza risultano essere le coniugate (41,8%); seguono le donne nubili (22,6%) e le donne separate/divorziate (20,8%).Il titolo di studio prevalente è quello di scuola media superiore (40,7%); segue quello di scuola media inferiore (35,5%) e laurea (13,3%).
La mancanza di lavoro rimane anche nel 2019 una forte criticità: solo il 33,5% delle donne che subiscono violenza ha un’occupazione stabile a fronte del 44,8% di donne senza occupazione (casalinga o non occupata) e del 17,4% che ha un’occupazione precaria e quindi una fonte di reddito incerta.
Il 76,5% delle donne che ha subìto violenza ha figli, di questi il 62,1% è minorenne.
Tale dato non solo mostra con evidenza la correlazione esistente tra violenza domestica intra-familiare agita sulle donne e la violenza assistita da parte dei figli, ma sottolinea le gravi conseguenze legate, da un lato al trauma causato dalla violenza diretta o indiretta, dall’altro alla trasmissione alle giovani generazioni di modelli maschili violenti.
Anche il 2019 conferma come la violenza sia prevalentemente agita in famiglia.
Nel 86% dei casi, infatti gli autori della violenza sono prevalentemente il partner (includendo coniugi e conviventi) e l’ex partner.
Il “partner attuale” è l’autore di violenza nel 53,6% dei casi mentre gli “ex” continuano ad agire violenza, nonostante la chiusura del rapporto, nel 32,3% dei casi.
I familiari risultano autori della violenza per l’8,6% dei casi; i datori di lavoro/colleghi/conoscenti per il 4,2%; gli sconosciuti per meno dell’1%. Le donne che si rivolgono ai centri antiviolenza spesso riferiscono di aver subito violenze multiple. Come già detto, le violenze sono per lo più agite da partner o ex partner, dirette ad esercitare forme di controllo e di sopraffazione. Accompagnano le violenze fisiche o sessuali quelle psicologica e/o di carattere economico. Anche nel 2019 la tipologia di violenza prevalente è quella fisica (49,3% con circa 4 punti percentuali superiori al 2018), seguita da quella psicologica (38,3%) e dallo stalking (5,6%).
Più della metà delle donne seguite dai CAV denuncia come seconda forma di violenza subita, la violenza psicologica (57,2%) e come terza tipologia la violenza economica (53,4%).
Su un totale di n. 2059 donne rivolte ai Cav nell’anno 2019, circa il 67%, un po’ meno di 1400 donne, iniziano un percorso di presa in carico.
Fra queste, il 52,3% sporge denuncia agli organi competenti, un dato in crescita di circa ben 6 punti percentuali rispetto al 2018 (46,5%) .
Questo dato testimonia l’importanza che il supporto fornito dai Centri antiviolenza riveste nel percorso di fuoruscita dalla violenza. Le donne sono più “pronte” a denunciare se non si sentono sole ma, anzi, adeguatamente sostenute e accompagnate.
La prima necessità delle donne che si rivolgono al centro è essere ascoltate e accolte con professionalità, empatia e senza giudizio.
Solo dopo la costruzione di una relazione positiva con le operatrici emerge nelle donne la consapevolezza che le porta ad esprimere anche altri bisogni. Nel 75% dei casi la prima priorità per le donne che si rivolgono al Cav è proprio il bisogno di ascolto che si distanzia da tutti gli altri bisogni se presi singolarmente.
Sommando invece le prime tre priorità espresse dalle donne, troviamo al primo posto il sostegno psicologico (89,7%), seguito dall’assistenza legale (60,7%) e dalla consulenza sociale e di orientamento (34,1%)
I Centri antiviolenza rispondono con delle prestazioni coerenti con le richieste appena descritte, operando in maniera integrata con i servizi territoriali competenti per alcuni interventi, quali ad esempio allontanamento e messa in sicurezza, sostegno economico e assistenza.
L’indagine contiene anche alcune anticipazioni su quello che è emerso quest’anno, nel periodo coincidente con l’emergenza Covid-19.
Si rileva che le difficoltà che le donne vivono, soprattutto in assenza di autonomia economica, si sono sicuramente acuite in questi mesi segnati dall’emergenza sanitaria da COVID19.
L’isolamento dettato dal lockdown della prima fase dell’emergenza e la convivenza forzata con i maltrattanti, ha avuto come effetto nel mese di marzo 2020 la significativa contrazione delle richieste di aiuto ai centri antiviolenza.
La convivenza forzosa ha condotto all’inasprirsi di tante situazioni, emerse in maniera esplosiva nel mese di aprile.
Se nel mese di marzo, rispetto al mese precedente, i centri antiviolenza hanno registrato un calo delle richieste di aiuto (- 37% di accessi, – 47% di prese in carico, – 14% di allontanamenti di urgenza).
Nel mese di aprile si è registrato un significativo cambio di passo rispetto a Marzo (+ 77% di accessi, + 82% di prese in carico, + 25% di allontanamenti di urgenza) ma anche rispetto al mese di febbraio (+ 12 %di accessi e + 7% di allontanamenti).
La collera
La collera
Il termine collera in ambito criminologico è spesso oggetto di forte ambiguità.
Quando si ascoltano alcuni casi di cronaca nera o ci si appresta a conoscere le modalità con le quali vengono perpetrati alcuni crimini violenti, spesso si parla di collera, scatti d’ira, raptus.
Finiamo quindi per associare la collera ad un mero impeto che si scatena e si esaurisce velocemente, fa perdere transitoriamente la ragione, la lucidità e ci rende capaci di qualsiasi cosa.
In realtà non è così. Bisogna partire dal dato secondo il quale il raptus non esiste ma appartiene alla cosiddetta sfera della fantapsicologia come afferma Umberto Galimberti. Tale dato, solo recentemente è andato affermandosi in ambito psicologico, psichiatrico e criminologico.
Invece è corretto parlare di consuetudine all’aggressività, all`irascibilità, all’attacco, magari ben celata e che non necessariamente è motivata da una psicopatologia sottostante. Modelli di riferimento, cultura, educazione, valori, principi morali e dettami devianti ed introiettati nel corso dell’esistenza, possono arrivare a determinare e alimentare questa consuetudine, abitudine che ad un certo punto ‘esplode’.
“Non è mai un evento che scatena la violenza ma è sempre un percorso che si conclude con la violenza”.
Questo concetto risulta più comprensibile se, ad esempio, lo si inquadra all’interno del fenomeno del femminicidio. Difatti un marito che picchia o vessa abitualmente una moglie, può, un giorno, arrivare a toglierle la vita.
Ricordate il caso italiano di cronaca nera del 2011 relativo all’omicidio di Melania Rea ad opera del marito Salvatore Parolisi?
La donna fu uccisa dal marito, verosimilmente nel corso di un litigio degenerato, colpendola con 29 ferite profonde provocate da punta da taglio.
L’uomo, riconosciuto capace di intendere e volere, in appello è stato condannato a 20 anni di reclusione.
Aldilà delle vicessitudini giudiziarie, è nella storia di vita dell’ uomo, della relazione con la moglie, nel modus operandi efferato e rabbioso adoperato nel delitto , che è possibile cogliere la consuetudine all’aggressività fatta di comportamenti e atteggiamenti indomiti che arrivano poi, ad un certo punto, a sfociare ed esplodere in un atto ‘assoluto’ e ‘definitivo’ come l’omicidio.
Quanto è importante allora individuare ed intervenire su queste consuetudini e sulle credenze che le sottendono per ridurre il rischio di “perdere il controllo”?
Dott.ssa Paola Palmiotti – Psicologa Cav Pandora
FEEL THE BEAT
Feel the beat
“Feel the beat” ossia “sentire il ritmo” è uno strumento più potente ed efficace di ciò che sembra. Presuppone il porsi in ascolto di sé stessi, a partire dal ritmo del cuore per trarne contenimento dall’ansia, recuperare il respiro, ascoltare ciò che corpo e mente comunicano, in altre parole SENTIRE.
La musica ha scopi anche terapeutici ed è una tra le risorse a nostra disposizione per scoprire qualcosa in più su di sé, per auto-motivarsi, per trarre benessere.
Da sempre la musica accompagna ogni momento della nostra esistenza. Il legame tra psicologia e musica è facilmente intuibile perché le note scatenano forti passioni, legami sociali e ispirano una forma di comunicazione che non passa attraverso le parole.
La vita in sé è musica, scandita da ritmo e armonia.
Il battito del cuore è ritmico, l’alternarsi delle stagioni, del giorno e della notte, le fasi lunari, il ciclo riproduttivo femminile… tutto segue un ritmo ben preciso. L’armonia invece, è la ripartizione proporzionata e bilanciata fra tutto ciò che ci circonda: acqua, terra, aria, cielo…vita!
Numerosi studi recenti dimostrano il legame tra psiche e musica: è stato dimostrato quanto l’ascolto intimo e indipendente della musica implichi un efficace meccanismo di autoregolazione delle proprie emozioni. In questa accezione, l’ascolto musicale potrebbe essere usato per trasformare, mantenere o rinforzare emozioni e stati d’animo, o anche solo semplicemente per rilassarsi.
È facilmente intuibile il perché ascoltare musica allegra susciti e provochi piacevoli ricordi; ma perché si ascolta la musica triste? Quale specie di stimolazione “autolesionista” ci spinge quando siamo tristi, ad ascoltare musica altrettanto triste?
Ebbene, i brani malinconici sembra che abbiano la capacità di provocare emozioni romantiche parallele alla tristezza, che contrastano l’effetto deprimente. Secondo gli studiosi, la tristezza comunicata dalla musica sarebbe meno minacciosa di quella reale e quindi l’ascolto aiuta a gestire le emozioni negative in modo indiretto. A differenza della tristezza provocata dalla vita quotidiana, quella proveniente dalla musica viene vissuta dal nostro cervello come piacevole. Secondo Van den Tol & Edwards (2011), l’ascolto di brani tristi avrebbe una funzione auto-regolatoria , che consiste nel riproporre l’esperienza emotiva, per rimanere in contatto ed intensificare i propri stati emotivi; rievocare ricordi passati, spesso associati al brano scelto; ricercare la “vicinanza di un amico” simbolico. Inoltre, la scelta di un brano triste in momenti tristi, potrebbe essere una valida strategia di coping per fronteggiare un evento spiacevole o stressante.
L’ascolto di una canzone triste può agevolare l’accettazione, può significare ricevere supporto, o avere una funzione empatizzante, in particolare per gli adolescenti, i quali utilizzano spesso la musica come riparo al proprio umore (Saarikallio, 2008).
Ascoltare musica in generale significa allinearsi al proprio stato emotivo, potenziando sentimenti o contenendo emozioni, significa alleviare la solitudine e addirittura rigenerare le cellule cerebrali.
Esistono musiche e brani capaci autonomamente di restituire uno stato emotivo migliorativo poiché capaci di veicolare messaggi importanti, che intensificano sensazioni e inducono alla motivazione.
Ma la musica è anche storia e cultura: si pensi al ruolo della musica nell’espressione dell’auto affermazione, nella lotta femminista contro il razzismo e il patriarcato, nella sovversione di stereotipi maschilisti.
Esiste un vero e proprio filone musicale chiamato “female power”, che afferma il potere femminile, la forza delle donne e il grido di coraggio che le rende complici e mai sole. Dagli anni 70 ai giorni nostri, le donne cantano la loro forza: Nina Simone, Aretha Franklin, Billie Holiday, Janis Joplin e Patti Smith, fino a Madonna, e Rihanna dei giorni nostri. Donne cantanti impegnate nella denuncia della violenza sulle donne, nella lotta alla disparità di genere, e nella diffusione della solidarietà femminile.
Questa rubrica di musica e psicologia ha lo scopo di porre attenzione sugli effetti della musica, perché essa è cultura certo, ma è soprattutto espressione del sé, nonché un sostegno psicologico, terapia comunicativa, è un valido abbraccio in qualunque momento.
Ascoltate musica, coltivatela, approfonditela, esploratela, praticatela in qualunque modo perché ognuno di noi nasce capace di fare musica, a partire dal ritmo di ogni nostro battito, che si fa voce con ogni singolo respiro.
dott.ssa Annachiara Gravinese – psicologa Centro Antiviolenza Pandora – Annamaria Bufi
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L’affettività, se sviluppata in maniera equilibrata, si rivela preziosa per un’armoniosa crescita del bambino e del futuro adulto che diventerà, pertanto è bene averne cura, consapevolmente.
La dimensione affettiva, nell’infanzia, è particolarmente complessa, carica di ansia e angoscia: i bambini fanno i conti con una permanente paura dell’abbandono e del buio, vivono poco serenamente le smisurate dimensioni delle cose che li circondano, poiché ancora troppo piccoli per affrontarle e gestirle.
In questo vissuto interiore, pregno di tensioni, il bambino necessita di protezione, rassicurante sostegno, di attenzione ed atteggiamenti di disponibilità, generatori di percezioni piacevoli e gioiose; per contro, atteggiamenti ostili così come di indifferenza suscitano sentimenti spiacevoli e dolorosi.
Durante le primissime dinamiche di vicinanza e di protezione, si sviluppa e si consolida la formazione della prima sicurezza di base.
Quando un individuo percepisce di essere accettato, matura un atteggiamento di curiosità e di interesse per ciò che lo circonda; diversamente, l’esperienza di un ambiente deprivato sul piano affettivo, porterà l’individuo a percepire una sensazione di rifiuto, che lo condurrà ad elaborare strategie distruttive di opposizione e di conflitto, rivolte alle persone del proprio contesto.
La dimensione affettiva, nei primi anni di vita, assume un ruolo determinante, che andrà ad incidere notevolmente sull’intero arco di vita: sia la carenza sia il sovraccarico affettivo comportano una insicurezza pervasiva, costituendo una precondizione di dipendenza psichica oltreché affettiva.
Un approccio equilibrato allo sviluppo della dimensione affettiva risulta, dunque, imprescindibile per vivere in maniera più sana e costruttiva le interazioni con gli altri e col mondo in generale; l’individuo presta, difatti, più attenzione ai sentimenti altrui e diviene maggiormente predisposto alla comprensione delle emozioni differenti rispetto alle proprie, maturando un atteggiamento di crescente condivisione. Attraverso i vissuti interiori, egli sviluppa ed estende la sua tensione affettiva in maniera sempre più ricca ed articolata, fino a tradurla in un irrinunciabile rapporto di reciprocità e di rispetto con le numerose forme di vita che lo circondano, così come con gli animali e l’ambiente.
Riuscire a collocarsi in una posizione intermedia nella relazione di cura, consentirà di individuare spazi idonei e necessari per l’iniziativa personale, tutta protesa verso la sperimentazione della propria autonomia e la conseguente costruzione della propria identità. Pertanto, se, per un verso, la necessità di protezione e di conforto vengono accolte e soddisfatte sostanzialmente nell’ambito della famiglia, è necessario individuare, simultaneamente, contesti in cui vivere esperienze di confronto, di interazioni differenziate e di situazioni emotive plurime.
In una dimensione emotiva di appagante equilibrio, innanzitutto con se stessi e di conseguenza con gli altri, è possibile scorgere un prezioso alleato nel corso di fasi esistenziali particolarmente delicate, quali l’adolescenza o la vecchiaia; fasi connotate da complessi vissuti emotivi, che necessitano di capacità di gestione ed elaborazione di atteggiamenti positivi.
Considerato, dunque, il valore delle capacità correlate alla sfera affettiva e l’incidenza che esse hanno sull’intera esistenza, in termini di autonomia, di gioiosa e positiva relazione con gli altri e con l’ambiente, diviene imprescindibile assegnargli un’attenzione prioritaria nel percorso di crescita.
dott.ssa Claudia De Pinto – Educatrice socio-pedagogica del Cav Pandora
Proposta musicale a tema: “A modo tuo” – Elisa
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1522, il numero anti violenza sullo scontrino delle farmacie
Di concerto fra Federfarma, Ordine dei Farmacisti, Corecom Puglia, Garante dritti dell’infanzia e dell’adolescenza e i Centri Antiviolenza pugliesi da qualche giorno sugli scontrini delle farmacie aderenti al progetto compare la stampigliatura
“SE SEI VITTIMA DI VIOLENZA O STALKING CHIAMA IL 1522”
In queste settimane di Lockdown, per le donne vittime di violenza la permanenza in casa a causa delle misure di contenimento del virus implica una doppia emergenza: le mura domestiche non rappresentano un luogo di protezione come dovrebbe essere poiché costringono a maggiori contatti con il partner maltrattante. Questa condizione comporta un pericoloso aumento delle tensioni e di conseguenza un innalzamento dei livelli di rischio per la salute e l’incolumità delle donne vittime di violenza maschile.
I centri antiviolenza territoriali, i più vicini alle dinamiche vissute e subite dalle proprie utenti, sono stati consultati dal Garante dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza della Regione Puglia affinché suggerissero misure efficaci e immediate per sensibilizzare le donne a rivolgersi ai centri antiviolenza o a contattare il numero di pubblica utilità 1522.
Si è pensato così che un possibile ed efficace ponte fra le donne maltrattate e i centri preposti ad offrire sostegno e aiuto potessero essere le farmacie. L’utilizzo dello scontrino per veicolare il messaggio che una via d’uscita è possibile ci è parsa come la strada più discreta ed efficace attualmente praticabile.
Tutte le farmacie distribuite capillarmente sul territorio sono state invitate ad aderire al progetto non solo attraverso la stampigliatura sullo scontrino ma anche con l’apposizione di materiale informativo da affiggere agli ingressi o all’interno dell’esercizio.
I centri antiviolenza sono sempre disponibili, aperti e pronti a rispondere alle esigenze delle donne che vi si rivolgono.
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