I numeri della violenza contro le donne della Regione Puglia – 2019
Sono stati da poco resi noti i dati dell’indagine annuale relativa alle donne che si sono rivolte ai centri antiviolenza pugliesi nel 2019, che restituisce una fotografia della problematica . L’indagine è stata promossa dal Servizio Minori, Famiglie e Pari Opportunità, in collaborazione con tutti i centri antiviolenza pugliesi e con il supporto tecnico dell’ufficio Statistico della Regione Puglia.
In Puglia risultano operativi 27 centri antiviolenza, articolati sul territorio con 113 punti di accesso.
Le donne che si sono rivolte a un centro antiviolenza complessivamente risultano essere 2059, con un aumento di circa 309 donne rispetto all’anno 2018.
Il 65% delle donne si rivolge spontaneamente a un centro antiviolenza; nella parte restante, 35% dei casi, l’invio è fatto da parte di altri servizi, in particolare i Servizi Sociali e le Forze dell’Ordine. Nell’89,8% dei casi le donne sono di nazionalità italiana.
Così come rilevato nelle annualità precedenti, la violenza sulle donne risulta trasversale alle fasce di età, ai titoli di studio e alla condizione lavorativa, con incidenze superiori in età compresa fra i 30 e 49 anni (62,3%).
Le donne più esposte alla violenza risultano essere le coniugate (41,8%); seguono le donne nubili (22,6%) e le donne separate/divorziate (20,8%).Il titolo di studio prevalente è quello di scuola media superiore (40,7%); segue quello di scuola media inferiore (35,5%) e laurea (13,3%).
La mancanza di lavoro rimane anche nel 2019 una forte criticità: solo il 33,5% delle donne che subiscono violenza ha un’occupazione stabile a fronte del 44,8% di donne senza occupazione (casalinga o non occupata) e del 17,4% che ha un’occupazione precaria e quindi una fonte di reddito incerta.
Il 76,5% delle donne che ha subìto violenza ha figli, di questi il 62,1% è minorenne.
Tale dato non solo mostra con evidenza la correlazione esistente tra violenza domestica intra-familiare agita sulle donne e la violenza assistita da parte dei figli, ma sottolinea le gravi conseguenze legate, da un lato al trauma causato dalla violenza diretta o indiretta, dall’altro alla trasmissione alle giovani generazioni di modelli maschili violenti.
Anche il 2019 conferma come la violenza sia prevalentemente agita in famiglia.
Nel 86% dei casi, infatti gli autori della violenza sono prevalentemente il partner (includendo coniugi e conviventi) e l’ex partner.
Il “partner attuale” è l’autore di violenza nel 53,6% dei casi mentre gli “ex” continuano ad agire violenza, nonostante la chiusura del rapporto, nel 32,3% dei casi.
I familiari risultano autori della violenza per l’8,6% dei casi; i datori di lavoro/colleghi/conoscenti per il 4,2%; gli sconosciuti per meno dell’1%. Le donne che si rivolgono ai centri antiviolenza spesso riferiscono di aver subito violenze multiple. Come già detto, le violenze sono per lo più agite da partner o ex partner, dirette ad esercitare forme di controllo e di sopraffazione. Accompagnano le violenze fisiche o sessuali quelle psicologica e/o di carattere economico. Anche nel 2019 la tipologia di violenza prevalente è quella fisica (49,3% con circa 4 punti percentuali superiori al 2018), seguita da quella psicologica (38,3%) e dallo stalking (5,6%).
Più della metà delle donne seguite dai CAV denuncia come seconda forma di violenza subita, la violenza psicologica (57,2%) e come terza tipologia la violenza economica (53,4%).
Su un totale di n. 2059 donne rivolte ai Cav nell’anno 2019, circa il 67%, un po’ meno di 1400 donne, iniziano un percorso di presa in carico.
Fra queste, il 52,3% sporge denuncia agli organi competenti, un dato in crescita di circa ben 6 punti percentuali rispetto al 2018 (46,5%) .
Questo dato testimonia l’importanza che il supporto fornito dai Centri antiviolenza riveste nel percorso di fuoruscita dalla violenza. Le donne sono più “pronte” a denunciare se non si sentono sole ma, anzi, adeguatamente sostenute e accompagnate.
La prima necessità delle donne che si rivolgono al centro è essere ascoltate e accolte con professionalità, empatia e senza giudizio.
Solo dopo la costruzione di una relazione positiva con le operatrici emerge nelle donne la consapevolezza che le porta ad esprimere anche altri bisogni. Nel 75% dei casi la prima priorità per le donne che si rivolgono al Cav è proprio il bisogno di ascolto che si distanzia da tutti gli altri bisogni se presi singolarmente.
Sommando invece le prime tre priorità espresse dalle donne, troviamo al primo posto il sostegno psicologico (89,7%), seguito dall’assistenza legale (60,7%) e dalla consulenza sociale e di orientamento (34,1%)
I Centri antiviolenza rispondono con delle prestazioni coerenti con le richieste appena descritte, operando in maniera integrata con i servizi territoriali competenti per alcuni interventi, quali ad esempio allontanamento e messa in sicurezza, sostegno economico e assistenza.
L’indagine contiene anche alcune anticipazioni su quello che è emerso quest’anno, nel periodo coincidente con l’emergenza Covid-19.
Si rileva che le difficoltà che le donne vivono, soprattutto in assenza di autonomia economica, si sono sicuramente acuite in questi mesi segnati dall’emergenza sanitaria da COVID19.
L’isolamento dettato dal lockdown della prima fase dell’emergenza e la convivenza forzata con i maltrattanti, ha avuto come effetto nel mese di marzo 2020 la significativa contrazione delle richieste di aiuto ai centri antiviolenza.
La convivenza forzosa ha condotto all’inasprirsi di tante situazioni, emerse in maniera esplosiva nel mese di aprile.
Se nel mese di marzo, rispetto al mese precedente, i centri antiviolenza hanno registrato un calo delle richieste di aiuto (- 37% di accessi, – 47% di prese in carico, – 14% di allontanamenti di urgenza).
Nel mese di aprile si è registrato un significativo cambio di passo rispetto a Marzo (+ 77% di accessi, + 82% di prese in carico, + 25% di allontanamenti di urgenza) ma anche rispetto al mese di febbraio (+ 12 %di accessi e + 7% di allontanamenti).
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